FOGGIA: 1943 / “L’ORA PIÙ BUIA” DELLA CITTA’


All’alba del 28 maggio 1943 sull’aeroporto libico di Lete, sede temporanea del 98° Bombardment Group “Heavy” della 9ª United States Army Air Force, gli assonnati equipaggi del 343° Squadron si recano presso la tenda riunioni per ricevere le istruzioni e i dettagli relativi all’obiettivo del giorno.




Riuniti i suoi uomini nell’affollata tenda del briefing il comandante del Reparto, Col.Pil. John R. Kane, con l’ausilio di un grosso tabellone situato su un palco, illustra loro il “target for today”. L’obiettivo del giorno è Foggia, una città italiana di cui pochissimi, se non nessuno, degli uomini del 343° Squadron ha mai sentito parlare; la missione, inserita nella strategia di “ammorbidimento” delle difese italo-tedesche nel settore del Mediterraneo, consiste nel bombardamento dell’importante aeroporto Gino Lisa che designato come “Foggia Main”, è sede di diversi reparti della Luftwaffe ed uno dei più trafficati scali aerei dell’Italia meridionale. Oltre al Col. Kane, altri ufficiali si alternano sul palco; vengono descritti oltre all’obiettivo, le condizioni meteorologiche, il tipo di contrasto previsto e gli eventuali bersagli alternativi. Terminato il briefing gli equipaggi si dirigono verso la polverosa pista di Lete dove, armati e riforniti, sono parcheggiati diciotto grandi quadrimotori da bombardamento Consolidated B24D Liberator, sui cui musi spicca l’insegna del Reparto “Pyramidiers”.



Poco dopo l’aria si riempie dell’assordante frastuono dei settantadue grossi motori Pratt & Whitney da 1.217 HP ciascuno mentre, disposti in fila indiana, i B24D lentamente si dirigono verso la pista per il decollo.

Sollevata dal forte vento prodotto dalle eliche, la sabbia del deserto impregna l’aria offuscando la visibilità; sono momenti di tensione che spingono i piloti e i mitraglieri al massimo dell’attenzione per evitare il rischio di collisioni con altri velivoli durante il rullaggio. Un razzo fumogeno segna il via libera per la partenza; i piloti danno tutta manetta spingendo i motori al massimo della loro potenza mentre, uno alla volta, i velivoli iniziano la loro corsa per il decollo. In un turbine di sudore, tensione e vibrazioni, con l’urlo dei motori lanciati al massimo, e con i velivoli che raggiungono un peso massimo al decollo di 24.948 kg, i piloti quasi faticano a tenere i comandi. Poi, una volta in aria, tutto si stabilizza e la tensione lascia lo spazio alla routine di una nuova missione, inizia così il lungo volo sul Mediterraneo che li porterà, nel giro di poche ore, nei cieli italiani; gli uomini impegnati nella missione non lo possono certo sapere, ma questa incursione segnerà l’inizio di una delle più devastanti e fatali tragedie, a danno di civili, della Seconda Guerra Mondiale: il bombardamento di Foggia.


Obiettivo Foggia

Sin da prima che l’Italia facesse il suo ingresso nel secondo conflitto mondiale, la città di Foggia aveva già attirato l’interesse degli organi dell’Intelligence militare britannica. Verso la metà degli anni trenta la politica di lento, ma costante avvicinamento del regime fascista di Mussolini verso la Germania nazista, unitamente all’occupazione italiana dell’Abissinia e alla sua partecipazione alla guerra civile spagnola, aveva spinto i vertici delle forze armate britanniche a prendere in seria considerazione la possibilità di un futuro conflitto tra l’Inghilterra e l’Italia.

Così, a partire dal 1934, l’intelligence britannica iniziò a decifrare quasi interamente il traffico delle comunicazioni militari italiane. Grazie alla loro consolidata rete di spionaggio, ai loro informatori e all’intensa attività di ricognizione e mappatura del territorio italiano, i servizi segreti britannici poterono, sin dall’inizio della guerra, avere un’idea precisa di quali fossero gli obiettivi più importanti da colpire.

Le ragioni che spinsero gli inglesi a occuparsi a includere Foggia nell’arco di questi obiettivi erano costituite principalmente dalla presenza dell’importante aeroporto Gino Lisa e dall’insieme dei numerosi campi ausiliari e di fortuna esistenti sul territorio che circondava la città pugliese, e dall’imponente complesso ferroviario presente nella città che, con le sue strutture e officine, ne faceva il più importante nodo ferroviario civile e militare del sud Italia.



Con lo scorrere del conflitto l’importanza di Foggia quale centro aeroportuale e nodo ferroviario andò sempre di più intensificandosi. L’aeroporto Gino Lisa, al quale si aggiunse presto anche il nuovo aeroporto di Tortorella, non solo rivestì un ruolo importante nelle operazioni per l’invasione dell’Albania e della Grecia, ma divenne il più importante scalo per i velivoli dell’Aeronautica italiana e della Luftwaffe tedesca diretti ad operare nel settore del Mediterraneo. Sul complesso degli aeroporti e dei campi di volo di Foggia erano già presenti diverse scuole di volo, reparti sperimentali e operativi italiani e tedeschi, che avevano a disposizione per la loro attività alcuni poligoni di tiro e strutture di assistenza al volo posizionati sul territorio della provincia di Foggia. Parallelamente agli aeroporti anche il complesso ferroviario del capoluogo andò crescendo di importanza e, per far fronte al crescente traffico militare di uomini, mezzi e munizioni, vennero realizzati nuovi alloggiamenti e depositi.


Il tedesco “Junkers Ju 87”, meglio conosciuto come “Lo Stuka”, ovvero il bombardiere per antonomasia, giudicato all’inizio della II Guerra Mondiale praticamente come una macchina invincibile.

La Casa Pugliese Foggia
Il giovane Joseph Beuys (poi divenuto uno dei più importanti artisti del 900, assieme a Pollock, Rothko, Warhol e Rauschenberg) di stanza presso lo stormo Junkers Ju 87 Stuka di Foggia (qui,trovi tutta la sua storia)

La prima incursione aerea sull’Italia si verificò a poche ore dalla dichiarazione di guerra italiana firmata da Mussolini all’Inghilterra e alla Francia quando, nella notte tra l’11 e 12 giugno 1940, alcuni bombardieri Whitley della RAF, decollati dall’Inghilterra, bombardarono le città di Torino e Genova.


Fino ad allora la guerra non aveva ancora mai toccato la città di Foggia e gli unici segni del conflitto erano costituiti dal notevole aumento del traffico aereo militare e dal transito e la sosta dei reparti del Regio Esercito e della Whermacht diretti verso le proprie destinazioni nei Balcani e in Africa Settentrionale.

Nel gennaio del 1941 gli inglesi elaborarono l’Operazione Colossus; questa prevedeva l’invio di una squadra del SAS che, una volta paracadutata sull’obiettivo, un ponte – acquedotto situato lungo il fiume Trigno, avrebbe dovuto sabotare e distruggere le condotte idriche dell’Acquedotto Pugliese situate tra Puglia e Campania. In questo modo gli inglesi speravano di interrompere il flusso d’acqua destinato alla provincia di Foggia, in modo da comprometterne le preziose e ingenti colture di grano facendo sì che i suoi abitanti, subendo le privazioni di acqua e cibo, scatenassero una rivolta popolare contro il Regime Fascista. Al fine di confondere gli italiani sul loro reale obiettivo, gli inglesi inviarono alcuni bombardieri medi Whitley del 76° e 51° Squadron della RAF che, decollati da Malta, avrebbero dovuto bombardare Foggia mentre gli altri, seguendo una rotta differente, avrebbero lanciato gli incursori sull’obiettivo loro assegnato.

Nella notte fra il 10 e l’11 gennaio gli inglesi misero in atto l’Operazione Colossus, tuttavia, mentre i Commando si lanciarono regolarmente sull’obiettivo, a causa dell’intenso traffico aereo presente sul Gino Lisa, i Whitley inviati a bombardare Foggia dovettero puntare su degli obiettivi secondari costituiti dalle stazioni ferroviarie di Rocchetta S. Antonio e San Severo, provocando solo pochi danni ad alcuni vagoni ferroviari. L’operazione di far saltare l’acquedotto, invece, seppur ben preparata, riuscì solo in parte in quanto gli inglesi, fortuitamente avvistati da un contadino della zona, che avvisò immediatamente le truppe italiane, furono subito catturati.


L’avvio delle operazioni belliche

Nei primi mesi del 1943 gli anglo-americani iniziarono a preparare l’Operazione Husky; programmata in seguito all’incontro tenutosi dal 14 al 24 gennaio 1943 a Casablanca (Marocco), tra il presidente americano Franklin D. Roosevelt, il primo ministro inglese Winston S. Churcill e i massimi rappresentanti militari dell’Inghilterra e degli Stati Uniti, l’Operazione era stata decisa dopo i brillanti risultati ottenuti dalle armate anglo-americane in Nord Africa. Situata a soli 145 chilometri a nord delle coste tunisine e ad appena 3 dalla punta meridionale della penisola italiana, la Sicilia rappresentava sia un ponte naturale tra l’Africa e l’Europa sia una barriera al centro del Mediterraneo. La sua conquista avrebbe permesso di invadere il “Ventre molle dell’Europa”, ossia l’Italia, facendola uscire dalla guerra, abbreviando il conflitto, e creando quindi un nuovo fronte che, se da un lato agevolava la Russia distogliendo una buona parte delle truppe tedesche presenti sul proprio territorio, dall’altro ne ostacolava il dilagante espansionismo nell’area dei Balcani.


Il Presidente Americano Roosevelt e il Primo Ministro Inglese Churchill 

Malgrado le perplessità degli americani, divisi sull’opportunità di invadere la Sicilia e di dare così inizio a quella che sarebbe passata alla storia come “La Campagna d’Italia”, alla fine il premier britannico riuscì a far prevalere le sue ragioni e vennero avviati gli studi preliminari per l’invasione, fissata per il 10 luglio 1943.

Avendo stabilito che l’invasione della Penisola italiana sarebbe dovuta partire dal sud, gli anglo-americani diedero il via a una serie di operazioni da sbarco che ebbero inizio con l’Operazione Corkscrew (attuata nell’ambito dell’Operazione Workshop), cioè lo sbarco a Pantelleria, e continuarono con le successive Operazioni Husky, Bayton e Avalanche, ovvero gli sbarchi in Sicilia, Calabria e Campania.

Tuttavia per realizzare con successo i loro intenti, gli anglo-americani avevano la necessità di tenere sotto controllo, ed eventualmente eliminare, tutte le possibili minacce presenti nell’area del sud Italia, tra le quali rientravano la città di Napoli, con il suo insostituibile porto, e Foggia, con i suoi aeroporti strategici e l’importante nodo ferroviario, determinante per gli spostamenti di truppe e rifornimenti provenienti dal centro-nord della Penisola italiana.


Verso la fine del gennaio 1943 i velivoli da ricognizione anglo-americani di base a Malta, e in modo particolare gli Spitfire e i Mosquito del 680° Squadron RAF e gli F5 Lightning del 5° Photo Recoinssance Squadron dell’USAAF, iniziarono a svolgere una intensa attività di ricognizione fotografica sui principali obiettivi militari e civili ubicati nelle località prescelte per gli sbarchi, mentre i servizi dell’Intelligence britannica oltre che ad intensificare le operazioni di intercettazione e decriptazione del traffico cifrato militare italo-tedesco, si avvalsero della loro efficiente rete di spionaggio esistente in Italia. Queste attività interessarono tutti i probabili obiettivi degli angloamericani, ma fu soprattutto nell’ambito dell’Operazione Avalanche che anche Foggia, insieme a Napoli e Salerno, fu inclusa nella lista dei bersagli dei bombardamenti.

A differenza di quanto ormai accadeva in altre località del sud Italia, nell’arco di due anni e mezzo di guerra, la città di Foggia era stata risparmiata dalle incursioni aeree di velivoli nemici. Questa situazione aveva erroneamente indotto moltissimi foggiani a credere che la città godesse di un particolare privilegio celeste da parte della sua protettrice, Maria SS dei Sette Veli, la quale, tramite una nube, l’avrebbe occultata alla vista dei piloti nemici; purtroppo, nonostante le smentite dei piloti italo-tedeschi che quotidianamente sorvolavano la città, la maggior parte della popolazione continuò, o si ostinò a continuare a credere, nella possibilità del miracolo.

Nella primavera del 1943, con l’approssimarsi della data prevista per l’attuazione dell’Operazione Husky, e grazie alla disponibilità degli aeroporti situati in Libia e Tunisia, i bombardieri pesanti americani iniziarono a colpire gli obiettivi situati nel sud Italia. L’elevata presenza e transito di velivoli italo-tedeschi sull’aeroporto Gino Lisa attirò l’attenzione dell’Intelligence britannica, che rapidamente incluse Foggia tra gli obiettivi da colpire.

La mattina del 28 maggio, alle ore 11.30, una formazione di bombardieri Consolidated B24D Liberator, appartenenti al 349° Squadron della 9ª U.S.A.A.F., effettuò il primo bombardamento dell’aeroporto Gino Lisa; i bombardieri americani, giunti inaspettatamente sull’aeroporto distrussero diversi velivoli, provocando la morte di una cinquantina di militari italiani e tedeschi, oltre al ferimento di un altro centinaio di militari e civili.


Foggia, 1943


31 maggio 1943

Fino a quel momento nessuna bomba era caduta sull’abitato di Foggia, ma la situazione era sfortunatamente destinata a mutare nel giro di poche ore. Alle ore 12.45 del 31 maggio una grossa formazione di bombardieri Boeing B17F Flying Fortess, provenienti dalla base algerina di Chateaudondu-Rhumel, effettuarono un’incursione di 45 minuti sull’aeroporto Gino Lisa e sulla stazione ferroviaria di Foggia. Suddivisi in tre ondate i bombardieri americani sganciarono centinaia di bombe da 500 libre sui due obiettivi; il Gino Lisa venne pesantemente danneggiato e diversi velivoli tedeschi furono distrutti al suolo, mentre la stazione ferroviaria subì gravi danni.

Le prime bombe cadute sulla città di Foggia avevano messo in evidenza tutta la sua impreparazione alla guerra; i rifugi antiaerei non erano sufficienti per la popolazione, e solo pochi di loro potevano considerarsi veramente efficaci. Inoltre anche il sistema di allarme aereo lasciava a desiderare mentre, le postazioni dei cannoni e mitragliatrici della contraerea situati in città, erano del tutto insufficienti. Il bombardamento aveva danneggiato anche le condotte idriche dell’acquedotto cosicché anche l’acqua iniziò a scarseggiare e dovette essere razionata e distribuita con mezzi di fortuna, mentre le crescenti temperature annunciavano l’arrivo di un’estate torrida; a questo terribile disagio i foggiani cercarono di far fronte sviluppando un non comune senso di generosità e solidarietà civile.


16 giugno 1943

Il 16 giugno i bombardieri americani tornarono nei cieli della provincia di Foggia bombardando gli aeroporti di Tortorella e Filiasi, mentre nelle notti del 20 e il 21 giugno alcuni bombardieri Halifax e Wellington della RAF sganciarono sulla stazione ferroviaria di Foggia alcune bombe; nei giorni successivi in città si registrarono altri 22 allarmi aerei ai quali, fortunatamente, non seguirono nuovi bombardamenti. Il relativo stato di quiete portò molti degli sfollati a decidere per il rientro nel capoluogo, mentre in città la vita riprendeva con i soliti ritmi e si cercava di riparare, o occultare, le ferite dei bombardamenti. Tuttavia si trattava solo stato di tregua illusorio in quanto, i velivoli angloamericani, erano tutti impegnati a fornire l’appoggio aereo alle proprie truppe impegnate nelle operazioni di invasione della Sicilia. Nonostante i danni subiti, gli aeroporti di Foggia erano ancora attivi fornendo il necessario appoggio ai bombardieri tedeschi Ju. 87 e 88, e agli altri reparti aerei italotedeschi impegnati a cercare di arginare il dilagare dell’avanzata nemica sull’isola.


15 luglio 1943

Alle ore 14.30 del 15 luglio una formazione di 44 Liberator apparve nel cielo di Foggia; portatisi a 7.000 metri di quota i bombardieri americani sganciarono 2.000 spezzoni incendiari e 300 bombe tra dirompenti e incendiarie. I B24D non solo mirarono agli aeroporti di Filiasi e Tortorella, dove distrussero diverse installazioni militari e velivoli tedeschi, ma colpirono anche la caserma sede del 9° Reggimento di Artiglieria, l’Ospedale Militare, l’Istituto Poligrafico dello Stato, la zona di Poggiorsini, e le stazioni ferroviarie di Foggia e Candelaro.

Sugli impianti ferroviari del capoluogo si abbatterono 66 bombe che colpirono il deposito locomotive e i treni militari e civili in sosta; in particolare i convogli militari presenti in quel momento erano carichi di bombe, cannoni da 88 mm. e preziosi rifornimenti, tra i quali 700.000 litri di carburante, destinati ai reparti della Whermacht. Alcuni carri, colpiti, bruciarono ed esplosero, in quell’inferno di fuoco i militari italiani e tedeschi, ma soprattutto i Vigili del Fuoco e i ferrovieri di Foggia, scrissero una delle loro pagine più belle di coraggio e determinazione, sganciando i vagoni carichi di munizioni e benzina ancora integri, e conducendoli fuori dalla stazione al fine di evitare danni maggiori.



Foggia, 1943


22 luglio 1943

Per gli anglo-americani, la prima settimana dell’invasione della Sicilia era andata oltre le più ottimistiche previsioni: le perdite erano state nel complesso inferiori a quanto si fosse temuto e i progressi registrati nelle operazioni belliche erano stati notevoli.


Sicilia, 1943





Su queste basi, già il 16 luglio, il Generale Gorge Catlett Marshall, primo consigliere militare del Presidente americano Franklin D. Roosevelt, propose di dare avvio all’Operazione Avalanche avente lo scopo di conquistare Napoli, con il suo porto, e Foggia, con i suoi importanti campi d’aviazione da utilizzare in seguito come il trampolino di lancio di un’offensiva aerea contro la Germania. Il Generale Marshall aveva dalla sua anche lo stato maggiore anglo-americano ed il Generale Eisenhower, il quale riteneva che il successivo sbarco in Calabria (Operazione Baytown), non solo fosse la logica prosecuzione della conquista della Sicilia, ma una delle premesse di Avalanche.

Quello stesso giorno i bombardieri americani erano stati nuovamente sugli aeroporti di Filiasi e Tortorella, ma grazie al perfetto diradamento e occultamento messo in atto dai tedeschi, non erano riusciti ad arrecare nessun tipo di danni a velivoli o persone.

Intanto a Foggia erano ricominciati i viaggi degli sfollati verso le zone ritenute più sicure; questo salvò la vita a numerose persone in quanto la nuova dottrina adottata dai bombardieri americani si ispirava alle nuove tattiche e teorie elaborate dall’Air Chief Marshal Arthur Travers Harris (conosciuto in Inghilterra anche con il nome di Harris il macellaio), in quel momento a capo del Comando Bombardieri della RAF, che prevedevano il bombardamento indiscriminato di obiettivi civili, al fine di colpire “il morale della popolazione”.


I Lightning Fighters

La mattina del 22 luglio Foggia sperimentò sul proprio territorio la teoria di Harris; erano le 9,20 quando le sirene dell’allarme aereo, cupe annunciatrici di morte, iniziarono a suonare. Nel cielo della città apparvero ottantadue bombardieri Boeing B17F Flying Fortess27, accompagnati da una nutrita formazione di caccia di scorta a lungo raggio Lockheed P38F Lightning. Dopo aver inizialmente bombardato l’aeroporto di Tortorella, la formazione si era diretta sulla città; i primi a giungere su Foggia furono i veloci Lightning che, volando a bassissima quota, spararono sulla gente che fuggiva verso i rifugi antiaerei.

Dotati di un potente armamento posto fisso in caccia sul muso, e costituito da quattro mitragliatrici Colt-Browning Cal. 50 da 12,7 mm. e da un cannoncino da 20 mm., letale nel combattimento aria-aria, i P38 si scagliarono contro la popolazione, soprattutto quella concentrata lungo i viali della Villa Comunale.

Forse a causa di errate informazioni ricevute, i piloti americani non fecero alcuna distinzione tra civili, mezzi della croce rossa e militari, attuando così un barbaro comportamento che, secondo la legge dei vincitori, in seguito non è stato mai perseguito.

Dopo l’incursione dei Lightning giunsero i bombardieri: le Flying Fortess sganciarono le loro bombe sulla stazione ferroviaria, sul Deposito Locomotive, la Villa Comunale e su altre zone della città. Le bombe caddero anche sul cimitero, sull’Istituto Poligrafico dello Stato, sul Centro Chimico Militare, il deposito carburanti, la fabbrica di mattoni, l’Acquedotto Pugliese, i pastifici, i molini e la caserma dei Reali Carabinieri. L’episodio più grave si verificò all’interno della stazione ferroviaria dove alcune migliaia di passeggeri cercarono rifugio nel sottopassaggio, accanto al quale, sul 2° binario, era in sosta un treno composto da alcuni carri serbatoio carichi di benzina destinata ai carri armati della 16° Panzer Division tedesca. L’esplosione di questi carri serbatoio colpiti provocò la fuoriuscita di migliaia di litri di benzina a un elevato numero di ottani che, scivolando verso le rampe di discesa del sottopassaggio, prese fuoco. Furono almeno 2.000 le persone che rimasero intrappolate in quell’inferno: la temperatura raggiunta nel sottopassaggio fu talmente elevata da rendere impossibile l’accesso ai vigili del fuoco, anche a quelli muniti di tute di amianto; quando, due settimane dopo, fu possibile entrare, nel sottopassaggio venne trovata solo cenere e i resti di alcune ossa.


La Stazione Ferroviaria di Foggia dopo i bombardamenti


La Stazione Ferroviaria di Foggia dopo i bombardamenti

Il bombardamento del 22 luglio causò 7.643 morti ed oltre 700 feriti; a moltissime di quelle povere vittime non fu possibile dare una degna sepoltura: l’elevata temperatura di quei giorni, unita all’enorme numero di morti e alle condizioni dei loro resti, fecero temere alle autorità civili e militari il diffondersi di epidemie. Si giunse pertanto alla decisione di scavare delle fosse comuni nelle quali accatastare i cadaveri e i resti umani che venivano man mano recuperati dalle macerie.

Furono necessari parecchi giorni per effettuare la raccolta delle vittime e dei loro resti; gli autocarri militari, i motocarri e i carretti, carichi di morti, effettuarono per giorni una pietosa spola tra la città e il cimitero. Gli ospedali civili e militari di Foggia e provincia erano pieni di feriti, mentre le autorità militari italiane e tedesche, ancora ufficialmente alleate, si prodigavano per trasferire i migliaia di foggiani rimasti senza casa, nelle diverse località di assegnazione.

Nonostante il gravissimo bombardamento subito dalla città di Foggia, nel resto d’Italia poco o nulla si seppe di quei tragici avvenimenti; gli organi di stampa nazionale dedicarono solo poche righe all’incursione, dando invece maggiore enfasi al bombardamento effettuato dagli americani su Roma il 19 luglio, nonostante questo avesse causato un numero di vittime decisamente inferiore a quello di Foggia. Il 25 luglio 1943 i foggiani ancora rimasti in città appresero alla radio e dai giornali dell’arresto di Benito Mussolini; ma mentre nel resto d’Italia l’evento venne visto e festeggiato come il sinonimo del termine della guerra, a Foggia, a causa della grave situazione, non ci fu alcuna enfasi e nessuno si fece delle false illusioni.ù



Il 27 luglio i B17F bombardarono nuovamente l’aeroporto di Tortorella causando 11 feriti e il danneggiamento di alcuni aerei tedeschi e italiani; tuttavia rispetto alle altre incursioni i bombardieri americani si trovarono a dover fronteggiare una maggiore opposizione da parte dei caccia italiani e tedeschi che, con lo spostarsi del fronte si erano trasferiti sulle basi della Capitanata, considerate più sicure perché più arretrate rispetto alla linea dei combattimenti. Nel corso degli attacchi aerei anglo-americani contro la linea conosciuta come Naples – Foggia, le difese antiaeree e i reparti da caccia italotedeschi inflissero al nemico la perdita di 180 tra bombardieri e caccia, senza però riuscire a fermare la determinazione nel portare avanti il suo piano.

Tuttavia la presenza di reparti da caccia nei quali militavano numerosi piloti esperti, e che erano equipaggiati con validissimi velivoli da combattimento quali l’italiano Macchi C.202 Folgore o i tedeschi Messerschmitt Bf109G-6 Gustav e Focke Wulf FW190A-3, impressionò non poco gli equipaggi dei bombardieri americani che, viste anche le crescenti perdite, iniziarono ad avvertire una sensazione di una minore invulnerabilità richiedendo sempre più spesso la scorta dei propri caccia. Inoltre, contrariamente a quanto avveniva in Germania, qui a Foggia gli equipaggi dei bombardieri americani abbattuti potevano sempre contare a terra sull’aiuto e la solidarietà loro fornita dagli abitanti di Foggia che, nonostante i disagi e le brutture della guerra, non negarono mai il proprio aiuto, correndo sempre il grosso rischio di essere passati per le armi se scoperti dai tedeschi.


Durante le prime due settimane di agosto Foggia poté godere di una breve tregua, e nonostante fossero risuonate diverse volte le sirene dell’allarme aereo, non si registrarono incursioni da parte dei bombardieri americani. La città venne invece sorvolata da diversi ricognitori che, oltre a valutare l’entità dei danni subiti dalle strutture militari e civili del capoluogo dauno, avevano anche il compito di tenere sotto controllo l’attività sugli aeroporti e sullo scalo ferroviario.

La momentanea tregua fu principalmente dovuta all’organizzazione di una pesante incursione che i B24D americani dovevano eseguire sulle raffinerie petrolifere di Ploesti, in Romania, nelle quali si produceva oltre un terzo del fabbisogno tedesco di carburanti. A questo scopo l’USAAF aveva concentrato sugli scali attorno a Bengasi (Libia), cinque Gruppi di B24D, bombardieri che vennero scelti soprattutto perché avevano un margine di autonomia superiore a quello dei B17F. Convinti di sorprendere le difese tedesche e rumene, gli americani pianificarono un attacco a quote bassissime, e per questo gli equipaggi si allenarono a lungo sul deserto, alternando l’addestramento alle missioni sugli obiettivi italiani. Domenica 3 agosto 1943 decollarono da Bengasi 177 Liberator diretti verso Ploesti; l’attacco dei bombardieri americani, condotto a quote straordinariamente basse, provocò la distruzione di almeno il 40 per cento degli impianti, ma il prezzo pagato fu altissimo in quanto 56 aerei non rientrarono alle basi. Questo autentico salasso costrinse il comando della 9ª USAAF a un’impegnativa opera di riorganizzazione e assegnazione dei rimpiazzi ai Gruppi di Liberator, che si videro costretti a interrompere le proprie attività per circa un paio di settimane. Il 15 agosto i Liberator, unitamente ai B17F tornarono nuovamente nei cieli della Capitanata, effettuando un’ennesimo bombardamento sull’aeroporto di Tortorella; il giorno successivo una grossa formazione di Liberator, costituita da 85 bombardieri, si diresse sugli aeroporti di Tortorella, Schifara e Filiasi, e dalla miniera di bauxite di San Giovanni Rotondo; gli attacchi causarono solo pochi danni a velivoli e impianti militari, con il ferimento di 20 persone, e la morte di 40 tra militari e civili. Due giorni dopo la conclusione delle operazioni di invasione della Sicilia, i bombardieri americani tornarono nuovamente a colpire Foggia.



Dal 19 agosto al 17 settembre 1943

Alle ore 12.00 del 19 agosto 233 bombardieri Boeing B17F e Consolidated B24D effettuarono un indiscriminato bombardamento a tappeto della città; per 95 lunghissimi minuti le formazioni dei Liberator e delle Flying Fortess si alternarono sul cielo della città sganciando oltre 590 tonnellate di bombe.

Nell’incursione furono colpiti il Municipio, i Palazzi del Governo e delle Poste, gli Ospedali, la Cattedrale, il Museo Civico, le Caserme Miale da Troia e Cesare Oddone, e la zona ferroviaria della città.

Quando l’ultimo bombardiere americano lasciò il cielo di Foggia la città era stata completamente devastata; il 76% dei suoi edifici era stato raso al suolo, mentre il numero delle vittime aveva fatto registrare la spaventosa cifra di 9.581 morti ed un numero imprecisato, ma consistente di feriti. In seguito a questa tragica incursione le autorità civili, in concerto con quelle militari, decisero il trasferimento di tutti gli uffici pubblici presso gli altri comuni della provincia, mentre un Bollettino di Guerra emesso dal Comando del IX Corpo d’Armata segnalò che: “la città è stata quasi totalmente distrutta”. Nei giorni successivi le instancabili squadre di soccorso civili e militari effettuarono il recupero dei poveri resti delle vittime del bombardamento, dando loro una sommaria sepoltura. Il lavoro delle squadre di soccorso venne disturbato dalle incursioni effettuate dai bombardieri Wellington del 205° Group della RAF che, nella notte del 20 agosto, sganciarono 50 bombe; la notte successiva i bombardieri britannici effettuarono un’altra incursione che causò, fra squadre di soccorso, militari e semplici cittadini, altri 173 morti e 46 feriti.


Foggia, 1943


Agli occhi degli sbigottiti superstiti delle incursioni sembrava che in città non ci fosse ormai più nulla da distruggere, tuttavia i pianificatori militari americani e inglesi, consci che i risultati ottenuti non erano quelli desiderati, decisero di far effettuare una nuova missione di bombardamento.

La mattina del 25 agosto un’imponente formazione di oltre 276 velivoli dell’USAAF, costituita da 140 caccia P38F Lightning33 e 127 bombardieri B17F e B24D, suddivisi in cinque ondate, riempì il cielo della Capitanata.

Mentre i bombardieri si accanivano nuovamente sulla città, distruggendo quanto era stato risparmiato in precedenza, i Lightning si lanciarono in una serie di attacchi a volo radente sugli aeroporti di Gino Lisa, Tortorella e Schifara, sullo scalo ferroviario di Rocchetta S. Antonio, sulle strade della provincia, lungo le linee ferroviarie e sul Golfo di Manfredonia dove, nel corso dell’attacco a due corvette della Regia Marina, vennero abbattuti due degli incursori. Ma queste non furono le sole perdite registrate dai Lightning quel giorno; nel corso dei loro attacchi i velivoli americani furono intercettati dai caccia italiani e tedeschi che ne abbatterono sei, danneggiandone altri tre più o meno gravemente. Nonostante le perdite subite, per gli americani l’attacco si concluse positivamente; nel corso del loro raid erano stati distrutti al suolo numerosi velivoli italo-tedeschi, automezzi e alcuni treni, purtroppo il bilancio delle vittime di questi attacchi fu molto alto, registrando la cifra di 971 morti fra militari e civili oltre a un imprecisato numero di feriti.

Il 30 agosto i Lightning furono nuovamente inviati sul complesso aeroportuale di Foggia al fine di colpire i velivoli italo-tedeschi al suolo; questa volta i caccia americani non riuscirono a raggiungere i loro obiettivi e, intercettati dai C.202 e Me.109G italo-tedeschi, nel corso di un furioso combattimento persero 13 velivoli.


Foggia, 1943

Foggia, 1943

Foggia, 1943

Dopo lo sbarco dell’8ª Armata Britannica sulle coste della Calabria (Operazione Baytown), avvenuto il 3 settembre 1943, i reparti delle forze armate italo-tedesche iniziarono lentamente a concentrarsi nelle Puglie e in Lucania. Nonostante i duri bombardamenti subiti, Foggia rimaneva uno dei principali nodi della difesa italo-tedesca nel sud Italia; tra la fine di agosto e gli inizi di settembre, il Feldmaresciallo Albert Kesserling trasferì il suo comando nel capoluogo dauno e, mentre la Luftwaffe potenziò i suoi reparti presenti sugli aeroporti di Foggia, la Whermacht inviò in Capitanata la 10ª Armata, la 1ª Divisione Fallschirmjager e il XIV Panzerkorps. La presenza dei reparti tedeschi venne subito notata dai ricognitori anglo-americani che, nonostante la linea del fronte fosse situata in Calabria, erano comunque molto attivi nei cieli della Capitanata. Il 7 settembre i B17F effettuarono una nuova incursione sugli aeroporti di Tortorella e San Nicola d’Arpi, senza provocare danni ai numerosi velivoli italo-tedeschi presenti.

La mattina del giorno successivo fu la volta dei Liberator che, quasi indisturbati, sganciarono le proprie bombe sugli aeroporti dauni; nello stesso pomeriggio la voce del Maresciallo Pietro Badoglio, diffusa alla radio, annunciò alla stremata popolazione che l’armistizio richiesto dall’Italia all’Inghilterra e agli Stati Uniti era stato accettato. Anche se questo non voleva significare il termine delle azioni di guerra, in molti si illusero che per l’Italia il conflitto fosse definitivamente finito, ma purtroppo le speranze di pace svanirono nel giro di poche ore.

Il 9 settembre, mentre con lo storico sbarco a Salerno gli anglo-americani davano il via all’Operazione Avalanche, i B24D bombardarono gli aeroporti di Foggia sui quali, al pari di quanto avveniva nel resto d’Italia e nei territori d’oltremare, i tedeschi erano impegnati a catturare e disarmare tutti quei militari italiani che non ancora si erano sbandati.

Contrariamente a quanto in molti si aspettavano l’armistizio era già stato previsto dai vertici delle forze armate tedesche che, per evitare brutte sorprese da parte dell’ex alleato, avevano preparato l’Operazione Alaric, nel corso della quale l’esercito tedesco commise dei barbari e terribili atti di repressionee rappresaglia.

Il pomeriggio del 10 settembre una formazione di Liberator americani bombardò nuovamente gli aeroporti di Foggia mentre, contemporaneamente, una formazione di Ju.88°4 della Luftwaffe bombardò e mitragliò la zona portuale di Manfredonia. Il 17 settembre Foggia venne nuovamente bombardata; per tutto il giorno i B24D e gli Hadley Page Halifax, che in genere operavano solo di notte, bombardarono la rete ferroviaria e stradale del capoluogo dauno, causando 168 morti e 140 feriti.


Foggia, 1943

Foggia 1943

18 Settembre 1943: i tedeschi si ritirano

La mattina del giorno successivo una formazione di 100 Lightning dell’USAAF, sei dei quali vennero abbattuti dai caccia tedeschi, effettuò l’ultima incursione aerea su Foggia della Seconda Guerra Mondiale, attaccando gli aeroporti e gli impianti ferroviari della città. Nei giorni successivi, nonostante il Feldmaresciallo Kesserling e Adolf Hitler avessero discusso dell’opportunità di difendere la città di Foggia e i suoi aeroporti con l’utilizzo delle divisioni corazzate e della 1ª Divisione Fallschirmjager, i reparti tedeschi, al fine di portarsi verso le posizioni della linea Gustav, iniziarono la loro lenta e ordinata ritirata verso il Subappennino Dauno e il Molise.

La mattina del 27 settembre, incalzati dalle avanguardie dell’8ª Armata inglese, gli ultimi reparti dell’esercito tedesco lasciarono Foggia: la guerra per il capoluogo dauno era finalmente finita, anche se non erano terminati gli stenti e le privazioni.

Dal 28 maggio al 18 settembre 1943 il numero dei foggiani vittime delle incursioni aeree fu di oltre 20.293 morti e un numero imprecisato di feriti, mentre il 76% della superficie edificata della città era stato distrutto o pesantemente danneggiato. L’occupazione anglo-americana non significò che per Foggia i pericoli di nuovi bombardamenti fossero effettivamente finiti.

Nel novembre del 1943 il comandante in capo delle forze tedesche in Italia, Feldmaresciallo Albert Kesserling, convocò al proprio Quartier generale di Frascati (Roma) il giovane Generale Dietrich Pelz45, il Generale Werner Baumbach e il Feldmaresciallo Wolfram F. Von Richtofen, comandante della 2ª Luftflotte. Lo scopo della riunione era quello di porre allo studio un piano per cercare di fermare, o rallentare, il continuo flusso di uomini e di rifornimenti verso il fronte, fermo in quel periodo a sud di Roma. Per i tedeschi le notizie che giungevano dalle zone di combattimento non erano delle migliori: la 5ª Armata americana aveva raggiunto la valle del fiume Liri e cercava di aprirsi la strada verso Roma, mentre l’8ª Armata britannica era giunta quasi a ridosso del fiume Sangro. Davanti alle armate degli angloamericani si ergeva la munita linea difensiva tedesca che, denominata Gustav, attraversava tutta la penisola da Gaeta a Ortona. Era quindi necessario agire in fretta perché, se si fosse permesso agli anglo-americani di utilizzare gli aeroporti della Capitanata, sarebbero rimasti pericolosamente esposti alcuni importanti centri vitali della Germania meridionale, con il conseguente trasferimento di alcuni reparti da caccia tedeschi tolti dal fronte occidentale per contrastare la nuova minaccia.

Interpellati sull’argomento, ognuno degli alti e esperti ufficiali convocati espresse la propria opinione; secondo il pensiero del Generale Pelz, soltanto un imponente bombardamento sulle principali basi di rifornimento avversarie (ottenuto preferibilmente concentrando massicce formazioni di bombardieri su un unico obiettivo), poteva rallentare l’avanzata degli anglo-americani; il Generale Baumbach, al contrario, optava per un qualsiasi intervento in grado di impedire o ridurre l’azione della costituenda 15ª United States Army Air Force, che proprio in quel periodo si stava stabilendo sugli aeroporti situati intorno a Foggia, e che poteva essere bloccata sul nascere con il bombardamento degli aeroporti e del capoluogo dauno, sede tra l’altro del Comando del Generale Montgomery; il Feldmaresciallo Von Richtofen, al contrario si pronunciò per l’attacco sui principali scali marittimi italiani in mano agli anglo-americani, al fine di ridurre l’afflusso di rifornimenti e fiaccare i reparti belligeranti per esaurimento delle scorte.

Dopo aver attentamente analizzato e discusso le tre ipotesi, e tenuto conto che in quel momento la Luftwaffe era presente sulle basi dell’Italia settentrionale solo con pochi reparti del tutto insufficienti a un attacco su larga scala contro Foggia e i suoi aeroporti, alla fine Kesserling stabilì che la migliore fosse quella formulata da Von Richtofen, ordinando lo studio e la pianificazione di un bersaglio pagante che venne infine trovato nel porto di Bari.

Così il 2 dicembre 1943, nonostante la schiacciante superiorità aerea anglo-americana, le forze tedesche sul fronte italiano, che sia pur logore per gli oltre tre anni di guerra, continuavano a essere ancora molto temute, furono in grado di lanciare un attacco di notevole rilevanza nelle retrovie che, improvviso e inatteso, colpì il porto di Bari causando, per la sua durezza e precisione, danni ingenti e rilevanti che, unitamente all’elevato numero di vittime, lo fecero passare negli annali della storia militare anglo-americana, come la Pearl Harbour italiana, mentre i foggiani non seppero mai del serio rischio che avevano corso di essere nuovamente vittime dei bombardamenti. (Qui trovi un importante curiosità su questo bombardamento)


I movimenti lungo la cosiddetta “Linea Napoli-Foggia”. Dopo la conquista della linea Napoli-Foggia la Campagna d’Italia procederà molto più lentamente sia a causa della resistenza opposta dalle truppe tedesche che trarranno vantaggio dalla conformazione geografica dell’Italia e sia dal progressivo spostamento degli interessi degli Alleati in nord Europa a seguito dell’apertura di un secondo fronte in Francia con lo sbarco in Normandia.


Nel frattempo, dopo diversi giorni dal feroce bombardamento subito dalla città di Bari, i martoriati cittadini di Foggia appresero dalla stazione radio americana appena aperta in città, la “The A.F.A.E. Station in Foggia”, oltre che dalla più famosaRadio Bari, che per tutti loro iniziava da quel momento un lungo periodo di convivenza con le forze alleate anglo-americane che, nel frattempo, erano già entrate in città. 


Il Tenente Colonnello A. “Sandy” Cameron del 3rd County of London Yeomanry Regiment (Sharpshooters), il primo ufficiale alleato ad entrare a Foggia il 27 settembre del 1943. Qui è fotografato a Buckingham Palace (marzo 1944), Londra, per essere decorato per il servizio prestato nella Campagna d’Italia.

Foggia, Settembre 1943


Foggia, Settembre 1943

Durante la successiva “Campagna d’Italia” Foggia costituì la principale base aerea anglo-americana per il settore adriatico e balcanico. A questo scopo si prestava benissimo la piatta e disalberata pianura del Tavoliere: qui vi si attrezzarono non meno di 36 fra aeroporti e campi sussidiari, soprattutto il più importante, quello di Amendola (a circa 20 km. da Foggia sulla strada nazionale per Manfredonia) con una pista di lancio principale larga oltre 200 metri e lunga km. 3,5, oltre le derivazioni.

Da queste basi partirono circa 2.600 missioni verso obiettivi del nord d’Italia, dell’est e del nord dell’Europa. Protagonista indiscusso di queste operazioni fu il 99th Fighter Squadron, meglio noto come “Tuskegee Airmen”. Nato a Chehaw, in Alabama, la creazione di questo reparto fu fortemente voluta dal presidente Roosevelt per formare e addestrare infallibili piloti da caccia.
Esso fu interamente composto e comandato da uomini di colore che vennero soprannominati Redtails, cioè “code rosse”, a causa del colore che contraddistingueva la coda degli apparecchi che essi pilotavano.


Alcuni uomini del “Tuskegee Airmen”

I Tuskegee airmen dovettero combattere due guerre contemporaneamente, una esterna contro il nazifascismo e una interna all’esercito e alla società Americana contro il razismo. In questa foto un ufficiale Sud Africano in uno dei campi del Foggia Airfield Complex, si lamenta con un ufficiale Americano della scarsa disciplina nel campo di aviazione e mette in dubbio la capacità dei piloti Tuskegee. Facile immaginare il disappunto di questo ufficiale Sud Africano costretto ad un atterraggio di fortuna per poi scoprire di essersi ritrovato in mezzo ad ufficiali, piloti e maestranze tutti di colore. Cosa impensabile in Sud Africa fino all’avvento di Mandela. Contrariamente alle previsioni di partenza, i Tuskegee Airmen sono stati fra i migliori piloti dell’Aviazione militare americana, grazie all’addestramento che iniziarono già da prima della seconda guerra mondiale e che fu potenziato da coloro che accettarono di continuarlo anche durante il conflitto. 

Foggia Airfield Complex

Un particolare dell’Aeroporto di Foggia Gino Lisa (dagli alleati denominato Foggia Main)



Foggia Main, la 15a Air Force, “455th Bomb Group”

Foggia Main



Militari Inglesi al Malcolm Club di Foggia

Per alleviare la vita dei soldati al fronte, gli Inglesi iniziarono ad aprire i Malcolm Clubs, in onore a Hugh Gordon Malcolm, giovane pilota inglese abbattuto durante la campagna in Nord Africa. Erano dei locali in cui il personale in servizio poteva socializzare, ballare e bere tè. Il primo club fu aperto ad Algeri e molti altri ne seguirono: a Rabat-Sale in Marocco, a Bari, San Severo, Napoli e Foggia. Quest’ultimo si trovava all’angolo tra Via Duomo e Corso Garibaldi. L’edificio, danneggiato dagli attacchi alla città, fu riparato e reso agibile poco dopo essere stato preso in consegna dai soldati inglesi.

Il Tenente Harry W. Earle. Suo figlio Gordon Earle è stato nostro ospite al B&B La Casa Pugliese, ed in quella occasione ci raccontò che suo padre per tutta la vita gli aveva sempre parlato di Foggia.

Gordon Earle, figlio del Tenente Harry W. Earle, durante la sua ultima visita a Foggia.

Lentamente, il nodo ferroviario riprese in gran parte la sua efficienza; ma le funzioni aero-portuali, nonostante progetti e tante buone speranze, rimasero assai modeste. Nel campo industriale importante fu la ricostruzione del Poligrafico di Stato che riprese subito la sua attività. Dopo aver perso quasi il 70% delle strutture immobiliari presistenti e avendo avuto, quasi un’altro 20% occupato dalle forze alleate, la ricostruzione edilizia della città, ostacolata all’inizio proprio dalle requisizioni alleate e da altre servitù di guerra, procedette gradualmente tra mille difficoltà seguendo di pari passo il lento ritorno degli sfollati in città.

Molto tempo dopo, il 22 novembre del 1959, la città di Foggia venne insignita della Medaglia D’oro al Valor Civile dal Presidente del Consiglio Antonio Segni, per aver perso durante i bombardamenti circa 20.000 civili, e il 2 maggio 2006 con la Medaglia D’oro al Valor Militare consegnata il 25 aprile 2007 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Durante la seconda guerra mondiale gli aerei della RAF hanno scoperto mentre erano in volo, attorno alle campagne di Foggia, centinaia di siti neolitici, alcuni dei quali risalenti a circa 6000 anni fa. Nel 1943 il borgo neolitico del Passo di Corvo fu accidentalmente identificato a circa 580 m a nord della Masseria Garofalo, lungo la strada che collega Foggia a Manfredonia. Inizialmente la concentrazione di sentieri, muri, fossati, recinzioni, portava a pensare ad una grande base sotterranea. La successiva analisi delle foto ha dissipato ogni dubbio: il materiale è stato conservato fino a dopo la fine della guerra, quando è stato riesaminato per aprire nuove indagini archeologiche.



Da diversi anni la città di Foggia ospita il “Museo della Memoria ’43”.

Questo Museo è un importante spazio espositivo che raccoglie numerosi reperti rinvenuti in città subito dopo i fatti di cui abbiamo appena parlato, oltre ad essere il punto di riferimento più appropriato per tutti coloro che desiderano approfondire quest’argomento.

Il Museo si trova all’Ingresso della Villa Comunale di Foggia ed è aperto la Seconda e la Quarta Domenica di ogni mese rispettando i seguenti orari: 

Mattina dalla 10.30 alle 12.30 – Pomeriggio dalla 18.30 alle 20.00

Visitarlo è davvero una buona idea!


Warwick ASR Mark I, BV502 ‘ZE-N’, dello Squadrone n. 293 della RAF con il suo equipaggio circondato dai fiori primaverili a Foggia. 



In questi ultimi mesi del 2023, fino al 5 gennaio 2024, in via Arpi 152 a Foggia, presso la Fondazione dei Monti Uniti di Foggia, sarà possibile visitare un’interessantissima mostra fotografica intitolata “1943/2023”, dedicata appunto, dopo esattamente ottant’anni, a quella che nella memoria collettiva dei foggiani rimarrà per sempre la tragica estate del ’43
E’ possibile visitare la mostra tutti i giorni escluso la domenica e i festivi, dal lunedì al sabato, dalle ore 10 alle 13 e dalle 17 alle 20. L’ingresso è libero.





Contributi:

La Fede e la vergogna

Museo della Memoria ’43

Australian War Memorial Archive

foggiawardiaries

Imperial War Museum di Londra







 

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