CAMMINI DI PUGLIA: LA VIA MICHAELICA, LUNGO IL TRATTO CHE VA DA TROIA A MONTE SANT’ANGELO

I CAMMINI di PUGLIA

Terra di transito per antichissima vocazione e tradizione, punto di incontro tra Oriente e Occidente, la Puglia ha visto nel corso della sua storia plurimillenaria il passaggio di innumerevoli viaggiatori, commercianti e pellegrini, che furono portatori di lingue, culture e storie diverse, la cui sintesi caleidoscopica oggi rappresenta il fattore identitario caratterizzante della nostra regione. Storia, cultura, spiritualità e natura costituiscono l’essenza dei Cammini di Puglia. Il viaggiatore, a piedi, ma anche in bicicletta o a cavallo, potrà ripercorrere, lungo la Via Francigena nel Sud, le orme degli antichi pellegrini diretti a Gerusalemme e addentrarsi nel profondo delle tradizioni di questa terra lungo il Cammino Materano. Percorrendo strade di campagna e antichi tratturi, attraversando borghi e città d’arte, costeggiando il mare che guarda a Oriente, attraverso i colori del paesaggio e il racconto delle architetture, a passo lento, il viaggiatore potrà scoprire il senso più autentico di questa terra. Una terra inaspettata che, passo dopo passo, si svela e si racconta in tutta la sua bellezza.



LA VIA FRANCIGENA

La via Francigena è un Itinerario Culturale riconosciuto dal Consiglio d’Europa che, nella sua ultima propaggine meridionale, parte da Roma e giunge a Santa Maria di Leuca, la Finibus Terrae italiana. Il cammino, percorso dai pellegrini di tutta Europa nel corso del Medioevo per raggiungere i porti d’imbarco per la Terra Santa, ripercorre alcune vie storiche di età romana e si snoda per più di 900 km attraversando Lazio, Molise, Campania, Basilicata e Puglia. Una straordinaria varietà di paesaggi e un vastissimo patrimonio culturale accompagnano il viaggiatore nel suo cammino. In Puglia il percorso è stato ricostruito grazie all’ausilio di alcuni itineraria storici (il termine in latino poteva indicare un percorso, ideato da un viaggiatore per raggiungere un luogo più o meno lontano, realizzato unendo diversi tratti di più viae) tra cui si annoverano l’Itinearium Burdigalense del 333. d.C., quelli di Nikulas Munkathvera del 1151–1154, di Filippo Augusto di Francia del 1191, dell’Anonimo inglese del 1344-1345, di Mariano di Nanni da Siena del 1431, di Anselmo e infine di Giovanni Adorno del 1470-1471. Attualmente il Cammino nella nostra regione entra a Celle San Vito/Faeto e raggiunge Troia. Di qui si sdoppia seguendo due percorsi diversi: quello dell’antica via Traiana e quello della affascinante via Michaelica. Entrambe si ricongiungono a Bari, mediante la connessione della via Litoranea. Così, seguendo la costa adriatica, si giunge prima a Brindisi e poi, attraverso la via Traiana Calabra, ad Otranto. Solo poche tappe e il percorso è concluso: da Leuca, quando il cielo è terso, l’Europa occidentale guarda l’Oriente.


IL CAMMINO MATERANO

Il Cammino Materano è un percorso di mobilità lenta che, ricalcando sentieri di età storica e arcaici tratturi, consente di partire dalla Basilica di San Nicola di Bari, dalla colonna della Via Appia di Brindisi, dalla cattedrale di San Nicola Pellegrino di Trani, dal Santuario di Finibus Terrae, dalla cattedrale di S. Maria di Termoli, dal tempio di Hera a Paestum e giungere alla Cattedrale della Madonna della Bruna di Matera: un cammino tra Puglia, Molise, Basilicata e Campania, terre di transito per antichissima vocazione e tradizione, che nella loro plurimillenaria storia hanno visto il passaggio di innumerevoli pellegrini provenienti da tutto il Bacino Mediterraneo e oltre. Sei cammini lungo i quali si scopre un ricchissimo patrimonio culturale, costituito da cattedrali, borghi medievali, chiese rupestri, vestigia greche e romane, ma anche da masserie, trulli, muretti a secco e da una straordinaria gastronomia fatta di sapori genuini che rimandano alla vera tradizione contadina.


 

 


LA VIA MICHAELICA

da Troia a Monte Sant’Angelo



Il particolare rosone della Cattedrale di Troia (Fg)

La via Michaelica è una via di pellegrinaggio di età medievale che, attraversando tutta l’Europa da nord a Sud, collegava Mont Saint-Michel in Normandia con il più antico Santuario del Gargano, dedicato sin dall’età bizantina (V secolo d.C.) all’Arcangelo Michele. I pellegrini, giunti a Roma, attraversavano gli Appennini usando diverse vie, tra cui l’Appia e la Prenestina, per raggiungere la Puglia da Nord, toccando importanti luoghi di fede come il Santuario di San Matteo Apostolo. Per secoli questo vettore viario è stato un luogo di incontro tra culture diverse: quella germanica nord europea (alcune iscrizioni runiche datano al VII secolo) e quella Mediterranea latina. Ancora oggi numerosi viandanti giungono da tutto il mondo per vivere un’esperienza in cui si fondono gli elementi della comune cultura europea.

La via Francigena del Sud ha incluso il tratto pugliese di questo cammino, che per molti versi ha una sua autonomia e una forte specificità, semplicemente perché, come attestato dagli itinerari citati, era uso comune dei pellegrini diretti o di ritorno dalla Terra Santa, attraverso la via Traiana, fare una deviazione per rendere onore all’antichissimo Santuario di San Michele.

Nel segmento interessato dalla compresenza di via Francigena e via Michaelica il pellegrino contemporaneo, giunto a Troia, vira verso nord e si dirige verso Lucera, città che fu sede di un insediamento musulmano in seguito alla deportazione, ad opera di Federico II, di 20.000 islamici siciliani: laddove oggi sorge la cattedrale vi è stata, per circa settanta anni, una moschea. Di qui, superata San Severo, si giunge al Santuario di Santa Maria di Stignano, dove è possibile chiedere ospitalità per la notte. L’indomani, salendo gradualmente di quota, il viandante giunge nel cuore del Gargano arrivando al Santuario di San Matteo Apostolo a San Marco in Lamis, alle pendici del Monte Celano, tra i carpini e i frassini. La penultima tappa è San Giovanni Rotondo, sede del moderno santuario di San Pio. L’arrivo a Monte Sant’Angelo è accompagnato da paesaggi mozzafiato, tra boschi e prospettive che arrivano a scorgere il mare: l’ingresso nel Sacro Speco, dove la tradizione riportata dall’Apparitio Sancti Michaelis vuole che sia apparso l’arcangelo Michele, riporta indietro di diversi secoli, fornendo le emozioni ataviche della scoperta e della meta.


Giorno 1 – Percorso “Troia – Lucera”

 

Troia, la Cattedrale


Si parte da Troia, dal piccolo piazzale antistante la Cattedrale, nel vicolo di fronte, e si inizia a scendere la stradina asfaltata (via Sant’Antonio) che passa davanti alla chiesetta dismessa di Sant’Antonio. Al termine della discesa si arriva alla strada esterna comunale. Si segue la stradina verso dx e dopo circa 200 m c’è una stretta deviazione a sx. Proseguendo sulla stessa strada asfaltata, dopo ancora 700 m, si prende la deviazione a sx su sterrata in discesa che aggira la collinetta fino ad arrivare sul ponte del fiume Celone. Oltre il ponte si arriva alla strada provinciale SP125. Si gira a sx e dopo 300 m si lascia l’asfalto a dx. Si procede dritto con la Masseria Monte Aratro alla propria dx. Si procede dritto su un sentierino interpoderale che arriva ad una sterrata bianca, oltre la quale si gira a dx. Superata la SP132 si percorre un lungo tratto di sali e scendi tra le torri eoliche fino a giungere al torrente Vulgano, che per la maggior parte dell’anno si può guadare senza troppi problemi. Di qui inizia un sentiero tra campi coltivati; arrivati a contrada Mezza Grande si attraversa la SP18 e un sottovia che ci introduce nella splendida cittadina di Lucera.


Lucera, la Cattedrale

Giorno 2 – Percorso “Lucera – San Severo”

Una parte del Castello Svevo-Angioino di Lucera

Si scende nel sentiero davanti all’ingresso principale del castello di Lucera e si attraversa la pineta in forte discesa per 300mt. Al termine si incrocia una stradina sterrata. Prendere a dx e, dopo 400 m, si passa sotto la SS692 su un ponticello in cemento. Proseguendo sull’ampia sterrata bianca, prima di giungere ad una grande quercia con una casetta sulla dx; si svolta perpendicolarmente a dx e si procede sempre sullo stesso sentiero che porta sulla SS160/109 (Lucera-San Severo). Dopo aver percorso la SS160/109 per 2 km circa, si prende il sentiero a sx che, passato un ponticello, sale verso la collinetta in mezzo a vasti campi di grano. In vetta alla collinetta si attraversa un’altra stradina SP18 asfaltata e sempre su sentiero continua in discesa fino a intercettare la strada asfaltata SP14. Immediatamente a dx, dopo 300m, si devia a sx su una strada interpoderale con asfalto molto rovinato. Si procede sempre dritto fino ad incrociare ancora la provinciale SP13. Di qui a dx sino a giungere alla SS160/109. Sulla SS160/109 a sx, dopo 4 km si giunge a San Severo.


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Un campo di grano nei pressi di San Severo

Una volta giunti a San Severo, approfittatene per una visita alle meravigliose Cantine D’Arapri, onnoverate tra le migliori produttrici di bollicine Italiane. Ve ne abbiamo già parlato qui


Giorno 3 – Percorso “San Severo – Santuario di Stignano”

San Severo (Fg)
I vecchi binari della ferrovia abbondonata tra San Severo e San Marco in Lamis

Uscendo da San Severo verso San Marco in Lamis, 100 m prima di raggiungere il cimitero, si devia a dx e si procede per 1 km sino sotto il ponte dell’autostrada E55. Dopo 100 m circa, a sx inizia un tratturello che procede fra vigneti e oliveti. Dopo un paio di km si attraversano i binari e si percorre la vecchia ferrovia dismessa: seguire la massicciata libera dai binari fino all’incrocio con la SS272 dove si incontra la segnaletica ufficiale (che procede fino a Monte Sant’Angelo). Superato l’incrocio dei binari e della SS272 (San Severo – San Marco in Lamis), andando sempre per la stessa direzione, si raggiunge (visibile anche dall’incrocio) la stazioncina ferroviaria di Scalo San Marco. Continuando sull’asfalto, dopo 1,5 km, si intercetta una carrareccia a sx. Prendendola si lascia a sx una piccola masseria e, dopo circa 500m, si passa davanti a masseria Colantuono. Si prosegue fino al Santuario di Stignano.


Un sentiero posto ai piedi del Gargano

Giorno 4 – Percorso “Santuario di Stignano – San Giovanni Rotondo”

Il Santuario di Santa Maria di Stignano, presso San Marco in Lamis

Si lascia il santuario di Stignano passando alle sue spalle rifacendo il percorso della precedente tappa per 500 mt. Al primo bivio si devia sulla dx in salita. Si passa davanti alla cava e si continua a salire fino ad intercettare una mulattiera (dopo 700 mt) scavata nella roccia a dx. Questa sale a zig zag raggiungendo un primo pianoro caratterizzato da una casa rurale semidiroccata. Tenendosi sulla sx del pianoro (considerando la traiettoria di arrivo) si intercetta un tratturello molto scavato che porta a una carrareccia soprastante. Si prosegue su questa a dx fino ad incontrare delle piccole masserie (si passa attraverso staccionate di legno abusive) e, immediatamente dopo si sale su una stradina asfaltata che sbocca sulla provinciale San Marco-Sannicandro (SP48). Si attraversa la strada e si imbocca una lunga carrareccia. Giunti ad un cancelletto di legno si svolta a dx iniziando una mulattiera che corre sempre sulla cresta situata sopra il vallone di Stignano (in basso a dx). Si arriva ad un ampio tratturo che passa in mezzo ad una pineta di rimboschimento e, giunti alla piscina Treppiedi (abbeveratoio per animali), si devia sulla dx sul sentiero che scende dalla Fajarama che porta al convento di San Matteo. Lasciato il convento si sale a sx per l’ampio parcheggio brecciato che, sul fondo, ha un cancelletto verde sempre aperto. Passati oltre, si procede per un sentiero che dopo 700m porta sulla strada asfaltata San Marco – Cagnano (SP22) che occorre attraversare in corrispondenza di un grosso spiazzo da pic-nic. Prima di entrare in questo, immediatamente a sx, quasi sulla strada attraversata, inizia una mulattiera che sale e raggiunge dopo 1.5 km un’ampia carrareccia che s’inerpica fino ad un grande complesso di ripetitori tv che, in fondo alla seguente discesa, intercetta un sentiero delimitato da massi, percorrendolo si giunge fino a Coppa L’Arena (939m). Da qui si segue il sentiero in discesa fino a raggiungere il Convento delle Clarisse prima e il centro abitato di San Giovanni Rotondo poi, proprio all’altezza del complesso dedicato a Padre Pio.


Giorno 5 – Percorso “San Giovanni Rotondo – Monte Sant’Angelo”

San Giovanni Rotondo, la nuova chiesa realizzata da Renzo Piano

Si esce da San Giovanni Rotondo prendendo la SS272 per Monte Sant’Angelo. Si oltrepassa la SP43 che porta a Cagnano, dopo 500m c’è una deviazione con strada asfaltata sulla sx. La stradina perde l’asfalto dopo 700m e prosegue con un bellissimo tratturo delimitato da muretto a secco che passa davanti ai ruderi della chiesa di Sant’Egidio e poi scende nella omonima piana in cui inizia l’asfalto. Qui si incontra una segnalazione di via Francigena, con la possibilità di raggiungere una fontana. Passando alle spalle di un grande albergo ormai non funzionante, ci si deve inoltrare a sx nell’ultima stradina – sempre asfaltata – per altri 700m e raggiungere i ruderi di San Nicola al Pantano. Si continua sulla stessa carrareccia che penetra in un bosco e che prende a salire per circa 600m; si devia a dx scendendo in un canalone (e risalendo nell’altro versante) che poi prosegue con un sentiero delimitato da una staccionata che corre in alto a dx del canale (quasi sempre in secca) e raggiunge un vasto pianoro. Oltre il pianoro inizia una larga carrareccia che passa davanti a cave di sabbia (sulla dx) e raggiunge la SS272. Si attraversa la statale e in leggera salita, cementata per un tratto, si giunge presso un largo cancello (di filo spinato e paletti di legno) a sx. Imboccato il sentiero oltre il cancello si sale a Monte dell’Angelo, dopo un lungo costone sul golfo di Manfredonia si arriva alla Madonna degli Angeli (una deliziosa chiesetta dell’anno mille che si affaccia su Valle Carbonara, la faglia che taglia in due il Gargano) e, dopo 700 m, si entra in Monte Sant’Angelo.


Monte Sant’Angelo, il panorama sul Golfo di Manfredonia
Monte Sant’Angelo
Monte Sant’Angelo
Monte Sant’Angelo
Monte Sant’Angelo, Santuario di San Michele Arcangelo
“This place is awe-inspiring. This is the home of God and the gate to heaven”
(Questo posto è maestoso. Questa è la casa di Dio e anche la porta del paradiso)

Camminando sul Gargano non si incontrano solo viandanti, ma anche mansuete vacche podoliche. In itinere brado e continuo cercano di carpire il meglio dai pascoli poveri d’acqua e foraggio, quanto ricchi di nutrimenti e profumi della biodiversità. Sono loro, in un ristretto periodo dell’anno, soprattutto da marzo a maggio, a produrre prezioso e nobile latte, il quale cagliato, filato, salato e stagionato dà origine al Caciocavallo Podolico del Gargano. Dalla caratteristica forma panciuta a fiaschetto incoronata da un cupolino strozzato da cordicelle utili ad appenderlo in coppie “a cavallo” di steccati, sotto la sua buccia più o meno screziata da pregiate muffe, a seconda del tempo di stagionatura che può andare da qualche mese ad addirittura dieci anni, nasconde una pasta intrisa di aromi di erbe spontanee e macchia mediterranea.


La campagna garganica
Caciocavallo Podolico del Gargano

A far da controcanto un vino strepitoso, tanto rosso da sembrare nero, prodotto dalla cultivar autoctona Nero di Troia, l’omonimo vino è uno degli abbinamenti perfetti a formaggi dai sapori strutturati. Il Nero di Troia doc ha la sua storia, si dice, intrecciata con quella di Federico II di Svevia, come con quella dell’eroe acheo Diomede ed i Marchesi D’Avalos. Saranno forse queste le ragioni che ne rafforzano le caratteristiche organolettiche che partono da sentori di spezie, di liquirizia, per passare al sentore di legno, pur se non affinato in barrique, ed approdare all’aspro zuccherino delle more.

Con la via Michaelica si arriva a Monte Sant’Angelo ove, per ripristinare i livelli glicemici al termine di un lungo cammino, ci si può rifocillare con l’ostia ripiena. Un torroncino di mandorle tostate e poi caramellate con zucchero e miele, incipriato da pizzico di cannella, racchiuso fra due sfoglie ovali di candida ostia. Ideata per sbaglio, si racconta sia nata nelle cucine del monastero della Chiesa della Santissima Trinità, quando delle monache clarisse non avendo altro si trovarono ad usare delle ostie per raccogliere l’impasto del torrone ancora caldo caduto su di un ripiano per poi scoprire la fattibilità e la bontà di una combinazione armoniosa quanto tanto golosa.



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