APULIAN FOOD IMMERSION: 5 RISTORANTI DA NON PERDERE ASSULUTAMENTE IN PUGLIA





Francesco Montaruli di Mezza Pagnotta


1/5

Mezza Pagnotta-Cucina etnobotanica

SP 86 Ruvo – Bisceglie, km 2, Villa Fenicia, Ruvo di Puglia, Italy
tel. +39 347 999 6475

“Stagionalità, biodiversità, e l’insegnamento dei nostri antenati, come mio padre ed altri raccoglitori, sono alla base della nostra idea di ristorazione”



Oggi è diventato trendy, cool: si chiamata foraging, e va benissimo così. Ma in italiano una parola che indica la scienza che studia l’uso delle piante selvatiche commestibili esiste: si chiama alimurgia, è stato uno dei primi saperi dell’uomo ed è il risultato della contrazione del latino “alimenta urgentia”, cioè nutrimento in caso di necessità urgente. La fame, in questo caso.

Una pratica che precede la comparsa dell’uomo coltivatore, così ancestrale che risale all’uomo raccoglitore e basta, quando ancora non aveva imparato a selezionare, addomesticare e riprodurre le piante per la propria sussistenza (alzando muretti e recinti per rivendicare una proprietà), ma solo a riconoscere quelle selvatiche. Probabilmente cominciando a imparare dagli animali.


“Ci sentiamo liberi di fare quello che ci pare, di esprimerci come vogliamo. Nella nostra espressione ciò che evidenziamo è il dialogo diretto tra la nostra cucina e il territorio”.


‘Ciccillo’, raccoglitore di funghi ed erbe selvatiche

Etnobotanica è invece la parola che a Mezza Pagnotta hanno scelto di associare alla cucina: la relazione fra l’uomo e le erbe commestibili come base per conoscere e comprendere una cultura intera, il modo in cui l’uomo e le piante si sono influenzati a vicenda nel corso dei millenni. Qualcosa che ha molto più a che fare con la spiritualità che con la biologia. Nell’era dell’antropocene, vuol dire guardarsi molto indietro per guardare molto avanti. Una cosa al confine fra antropologia culturale e botanica. D’altronde la Murgia è il luogo del confine fra l’ancestrale e il contemporaneo, fra il materiale e l’immateriale. Una zona brulla, pietrosa, carsica, dove non c’è niente, dicono. In realtà racchiude in sé tutta la storia del mediterraneo, fin dall’alba dei tempi. Come dice Franco Arminio, “io guardo ogni cosa come se fosse bella. E se non lo è vuol dire che devo guardare meglio”.


“La nostra cucina non sfrutta il territorio.

Lo rispetta”. 



Per far questo, però, servono degli interpreti. Come Francesco: medium tra l’uomo e i poteri cosmici, sciamano azteco dai tratti normanni. Che, complice Ciccillo il raccoglitore, attira a sé sacralità e ritualità pagane, dunque pre-cristiane, e ne rivolge i benefici effetti al fortunato viandante.

Conoscenze, usi e costumi, storie e miti, fiabe e leggende. Credenze popolari. Così perfino la sporchia, parassita dei legumi che in alcune zone di Puglia è sinonimo di malasorte, viene cucinata e neutralizzata. Così si compie il prodigio della trasformazione da sventura a fonte di vita, di energia positiva. E di conoscenza, e di consapevolezza, e di futuro.








2/5

Pietro Zito – Antichi Sapori

Piazza Sant’Isidoro 8, Montegrosso (Andria), Italy

tel. +39 0883 569529


“Non facciamo grandi cose: raccogliamo, raccontiamo, cuciniamo”.


L’oste e contadino, Pietro Zito

La cucina come antropologia. Unione fra la terra e l’uomo sancita dal sacro olio d’oliva, tanto caro a Pietro Zito. Raccogliere e cucinare. That’s it. Nemmeno un passaggio in frigo. Biodiversità anche come conoscenza e rispetto, per la terra ma anche per l’ecosistema umano che la circonda, fatto da produttori di olio e di formaggio, allevatori, mugnai e contadini, veri giacimenti gastronomici. È il suo orto che dice a Pietro cosa cucinare, non il contrario. La bravura sta nell’estrema conoscenza costruita in anni di studio, di osservazione, che lo porta a sapere quando è il momento giusto per cogliere, come mondare bene, come cucinare bene, per esaltare il gusto della materia prima, non per stravolgerlo o soffocarlo. Semplicemente, senza il suo orto Pietro Zito non esiste. Per questo la sua è la cucina dei sensibili.



Una vita spesa contro l’omologazione, perché la biodiversità è il tratto distintivo della Puglia, nelle materie prime ma anche negli uomini e nelle donne che la abitano. Riconoscere il profumo della cima di rapa, del broccolo, dello sponsale. Riconoscere il loro valore. Ricostruire la cultura del gusto per ricostruire la propria identità. Cucinare a Montegrosso, luogo delle sue origini, significa raccontare i pugliesi. Che hanno radici contadine, e anche nel pancotto con le cime di rape è racchiuso il loro spirito.


“La natura va ascoltata e compresa”.



Come nella cucina della mamma, che è cucina di amore. Se cucini senza amore non sei un cuoco, sei una macchina. “Io sono una puleggia, io sono un bullone, io sono una vite, io sono una cinta di trasmissione, io sono una pompa!”, dice Gian Maria Volonté ne La classe operaia va in paradiso.

Ma non è ricostruzione di un piccolo mondo antico, non è rifugiarsi dalla contemporaneità: ciò che sembrava superato e che si rifuggiva, simbolo di povertà e di fatica, era in realtà il futuro del cibo. E Pietro, l’asceta, il rabdomante del gusto, lo ha percepito prima degli altri.


“C’è un rispetto totale per tutto ciò che semino, raccolgo e porto nel piatto”.








3/5

Ristorante Cibus

Via Chianche di Scarano 7, Ceglie Messapica, Italy

tel. +39 0831 388980


“Per noi la dissidenza parte dalla terra”.


Il cibo come antropologia, etnografia. Lente attraverso cui leggere la cultura e la storia dei luoghi. Ne è passato di vino nei bicchieri dagli anni Cinquanta, quando i suoi genitori aprirono la prima osteria. Passando per la folle decisione, questa volta tutta sua, di fare gastronomia nel centro storico di un paesino dell’entroterra del Sud nei primi anni ’90, in un quartiere dove – fin ad allora – il sole del buon Dio non dava i suoi raggi.


Angelo “Lillino” Silibello


Ma Angelo “Lillino” Silibello è così, mosso da amore testardo e forsennato, tenuto vivo anche quando non corrisposto. Per la sua Ceglie Messapica, per il territorio che la circonda, per uomini, animali e piante. Queste ultime meglio se selvatiche e commestibili. Dissidente sempre, perché la cucina e l’accoglienza possono essere una declinazione del pensiero. Un pensiero resistente, che nei troppo lunghi anni in cui il mondo sembrava prendere tutt’altra piega lo ha spinto a continuare a tessere la tela coi contadini, gli allevatori, i casari, i frantoiani intorno a lui. A dargli forza e da loro riceverne. Per tutelare la straordinaria biodiversità di questo pezzo di Puglia, fra Murge, Salento, Valle d’Itria e Mar Adriatico, e per questo perfetta rappresentazione di tutta la regione di cui Cibus è il libro di antologia.


“La collina brindisina con i suoi 300 metri e i flussi dal mare ha una biodiversità stupenda”.



La cucina di Puglia è grande e Lillino è il suo profeta. Le persone che hanno (ri)costruito l’identità della gastronomia di Puglia, partendo dalla extra-ordinaria qualità delle materie prime che la regione regala, si contano sulle dita di una mano. E lui è una di queste. Ecco spiegato come oggi a Ceglie arrivino uomini e donne da ogni parte del mondo, spesso apposta. Per imparare, per conoscere, per lasciarsi aprire le porte della percezione. Dall’uomo che sussurra al caciocavallo.






4/5

Ristorante Villa Jamele – Peppe Zullo

Via Piano Paradiso, Orsara di Puglia, Italy

tel. +39 0881 964763


Oste, cuoco, contadino. E ancora: autorevolissimo, profondo conoscitore dei tesori nascosti dell’erbario spontaneo pugliese. Capace, è proprio il caso di dirlo, di cavare il sangue da una rapa. Perché la romanzesca vita di Peppe Zullo parla di radici e di ricordi, ma anche della straordinaria abilità di rendere attraente e dannatamente contemporaneo il racconto di una cucina povera di una terra apparentemente ancora più povera, che si rivela quello di un futuro più prossimo di quanto s’immagini. Che ribalta la geografia delle mete e dei gusti e con gesti, sorrisi e calembour conquista prima la testa e poi il palato di chi si reca a Orsara di Puglia quasi in pellegrinaggio.


Peppe Zullo


Perché quelli di Peppe Zullo sono luoghi in cui non c’è contaminazione alcuna: non c’è nei paesi di pietra poggiati sulle colline e quelli ai piedi delle verdi montagne, non c’è nei suoi piatti su cui poggia cibo semplice, democratico. E “pitagorico”, se è vero com’è vero che del testo settecentesco “Del cibo pitagorico ovvero erbaceo” del cuoco Vincenzo Corrado Peppe ha fatto tesoro: “La terra vi fornisce a profusione ogni ben di dio per nutrirvi e vi offre banchetti senza bisogno d’uccisioni e sangue” ammonisce Pitagora, la cui anima cruelty free giunge a noi tramite le Metamorfosi di Ovidio.



E di metamorfosi di tratta, volente o nolente, per chi per la prima volta varca la soglia del principato di Orsara: si spogli del suo gusto costruito in decenni di alimentazione omologata e s’abbandoni allo stupore olfattivo, alla scoperta del cibo delle radici: della borragine, del lampascione, del marasciuolo, e del sapore autentico di un ortaggio di stagione che cresce nei due ettari di orto dove ogni mattina si coglie quello che c’è, o nel bosco dei sapori perduti.

E uscire da Orsara cambiati, col desiderio di cambiare e far cambiare gusti, abitudini alimentari, stili di vita. Perché, come dice Peppe:

“Che sarebbe la cucina italiana senza l’orto?”





5/5

Angelo Sabatelli Ristorante

Via Santa Chiara 1, Putignano, Italy

tel. +39 080 405 2733


La Puglia dell’infanzia di Angelo Sabatelli è terra amara, quasi mai generosa di opportunità, specie per un figlio del popolo. Se ad un certo punto della tua vita capisci che vuoi qualcosa devi andartelo a prendere, e lavorare duro. Da questo punto di vista forgiarsi facendo il macellaio e l’imbianchino, il carrozziere e il muratore, andare a giornata a raccogliere le olive può certamente aiutare. Perché quando comprendi che puoi essere qualcosa di più di un cuoco di periferia cerchi folate di vento che alimentino il tuo fuoco sacro. E se quel vento ti porta in Oriente, tanto meglio. 


Angelo Sabatelli


Less is more. E semplice non vuol mica dire facile. La verità gli si svela al rientro in Puglia, che sempre in testa gli è rimasta. Conoscenza e riconoscenza. Dalle campagne ai contadini, dai pascoli agli allevatori, ai casari. E i produttori di olio extravergine, e di vino. E il mare che gli è entrato negli occhi, pertugio nella corazza da burbero. Tutto è riconoscenza verso quella terra che lo ha temprato e che ha imparato ad amare, e l’Asia lontana che lo ha fatto uomo è nel rigore della tecnica, nella sperimentazione continua di cotture e di materie prime. Dall’unione di questi mondi ne ha costruito uno tutto suo, a Putignano. E non chiamatela cucina fusion, ché qua c’è da raccontare storie di Puglia come ancora nessuno le ha mai raccontate. 

“Mi sono fatto da solo. Credo di aver avuto per maestri i miei occhi.” Lo ha detto Michelangelo Antonioni, ma potrebbe essere la sintesi della vita di uno dei maestri di Puglia, e non solo in cucina.


“Less is more. E semplice non vuol mica dire facile”.




Foto Flavio&Frank
Testi Alfredo Polito


cinque storie estratte da:
 Yeast Stories

Un progetto di visual storytelling su una selezione di persone-lievito protagoniste della biodiversità, dell’hospitality e dell’e(t)nogastronomia in Puglia.

(N.B. la cronologia di presentazione utilizzata in questa pagina non rappresenta in nessun modo una classifica)










Lascia un commento