PAESAGGI DA VIVERE: LA SCALA SANTA DI MONTE SANT’ANGELO



Questa volta noi del B&B La Casa Pugliese vi portiamo a fare una passeggiata in uno dei percorsi più interessanti della provincia di Foggia, sia sotto il profilo storico che naturalistico. Vi parleremo, infatti, dell’ultimo tratto della Via Sacra Longobardorum, poco prima che questa giunga al soglio di San Michele Arcangelo. Qui, lungo questa strada percorsa in passato da milioni di fedeli è ancora possibile scoprire piccole chiese, monasteri ed eremitaggi, segni inequivocabili della tradizione religiosa del Gargano.



La Storia

Su uno sperone roccioso affacciato verso il mare, Monte Sant’Angelo, il borgo più alto del promontorio del Gargano (843 m) si è sviluppato nel secoli attorno al santuario dedicato al culto dell’arcangelo Michele. Le rocce calcaree della montagna sono segnate da decine di grotte e proprio in una di queste, secondo la tradizione, l’arcangelo sarebbe apparso ai fedeli.


Trasformata in luogo di culto e poi modificata incessantemente nel corso dei secoli, la grotta delle apparizioni miracolose è divenuta il cuore del santuario, fin dall’alto Medioevo popolare meta di devoti e pellegrini. 



Dalle pendici più basse del paese inizia la Scala Santa, la più antica delle mulattiere percorse dai pellegrini di ogni angolo d’Europa diretti al luogo di culto. Anche se la Scala Santa – una sorta di raffigurazione dell’ascesa del fedele verso la meta celeste – offriva un’emozione unica a chi lo percorreva in salita, e forse consigliabile, seguirla in discesa, per poi risalire alle case del borgo utilizzando i mezzi pubblici che s’inerpicano lungo gli innumerevoli tornanti che lo ripoteranno al punto di partenza. Camminando in discesa lungo la cresta rocciosa che collega la pianura costiera con le rupi su cui sorge Monte Sant’Angelo, si godrà di panorami spettacolari che, nelle giornate più limpide, spaziano sul golfo di Manfredonia e le campagne dell’antica Siponto e, verso ovest, fino al Taoliere e alle Murge. Oggi, raramente percorso da gruppi di pellegrini, il traggitto in salita è frequentato da escursionisti e camminatori. 

Bastano pochi passi per capire che questo tracciato non è un sentiero qualsiasi: la pietra chiara è infatti scolpita, segnata dalle rozze croci incise dai viandanti del passato che spesso, come segno di devozione, si fermavano a lungo per modellare i gradini che avrebbero reso la salita più agevole a chi stava per portare a termine l’ascesa al santuario. Per i pellegrini che provenivano da tutto il mondo cristiano la sacra grotta dedicata all’arcangelo rappresentava la meta ultima, il luogo sognato e immaginato dove gioire e ringraziare finalmente Dio al termine di viaggi lunghi, faticosi e spesso irti di pericoli. Il nome di Scala Santa deriva certamente dalle tracce delle innumerevoli devozioni che l’hanno trasformata, plasmata e costruita sulla nuda pietra, mentre il nome popolare – e un pò sinistro – di Scannamugliera rimanda probabilmente a qualche delitto irrisolto del passato. La piacevole camminata che segue questo tracciato tradizionale, con i suoi panorami d’eccezione, permette di entrare, almeno un poco, nella spiritualità che ha fatto di Monte Sant’Angelo una delle mete fondamentali della cristianità del passato.



Il percorso della Scala Santa

Dopo aver visitato il santuario dedicato a San Michele Arcangelo ed essere usciti fuori dal cancello, seguite sulla sinistra l’affollata via della Reale Basilica, una volta superato un arco si percorre sulla destra via Giuseppe Verdi che inizia a scendere e poi cambia nome divenendo via Sant’Antonio Abate. Superato l’incrocio con la statale si prosegue sempre diritto, fino a raggiungere in ripida discesa l’imbocco della strada (a circa 720 m di quota), in corrispondenza di un pilastrino bianco con un grande cartello che illustra l’itinerario della Scala Santa che ci accingiamo a percorrere. 


Da questo punto in avanti il percorso è segnalato accuratamente con segnavia di colore bianco e rosso. Costeggiando la rete di un pascolo e poi superato un cancello di filo spinato (uno dei valchi che sono frequenti sui sentieri e le mulattiere del Gargano e che vanno sempre richiusi dopo il passaggio) s’inizia a notare che le pietre su cui stiamo procedendo non sono del tutto naturali (in questo tratto il comune garganico ha di recente effettuato alcuni lavori). Alcuni metri dopo, qualche gradino scolpito rende il passo più facile ai camminatori e in passato rendeva più agevole il transito agli animali da soma; dei tratti di roccia resa liscia dall’uomo ci evitano di seguire i profondi canali che l’acqua piovana ha scavato nel terreno.


Il panorama diviene sempre più ampio, sia verso il mare davanti a noi, sia sulle vallate che fiancheggiano la cresta su cui si snoda la Scala Santa, mentre sulla sinistra si notano i più alti degli innumerevoli tornanti della strada asfaltata che sale verso Monte Sant’Angelo. Alle nostre spalle le casette bianche e tutte uguali del borgo sembrano dadi gettati tra le rocce ripide del pendio. Una sosta tra i massi scolpiti dalla pioggia, affacciata verso il blu profondo del mare, è anche l’occasione per seguire nel cielo le lente spirali dei rapaci in caccia che volteggiano tra le rupi, mentre il rumore del traffico che corre sui tornanti lontani sembra svanire poco alla volta nel silenzio di questo paesaggio maestoso. 



Tratti a mezza costa si alternano ad altri in cui si procede seguendo la cresta panoramica, ma l’antica via della devozione rimane costantemente ben visibile, e una staccionata di legno la protegge quasi sempre sul lato esposto verso valle. Le pendici di queste alture sono segnate da una ragnatela impressionante di muretti a secco e piccoli terrazzamenti che ricordano il lavoro secolare impiegato per strappare alle rocce del Gargano una miriade di piccoli appezzamenti coltivabili, dove crescono olivi contorti e alberi da frutto. Camminando lungo un tratto sul versante destro della cresta, s’incontra un bivio segnalato che scende verso il fondo della valle. Anche questo percorso alternativo conduce al piano, ma conviene camminare lungo la via più antica e panoramica, che prosegue diritto davanti a noi. 


Il tracciato della Scala Santa, anche se attrezzato e segnalato con cura in questi ultimi anni, in questo punto pianeggiante, diventa un terreno d’allevamento per mucche podoliche, pecore e capre che brucano l’erba rada che cresce tra le pietre. 




Lasciato questo tratto più aperto e quasi pianaggiante, una secca curva verso destra della mulattiera scolpita su uno strato roccioso porta a una sorpresa: per superare un impervio gradino, nella pietra calcarea è stato scavato a mano un piccolo e ripido canyon a forma di “S”. A questo punto, siamo arrivati alla località nota come Iazzo Ognisanti (a circa 410 m di quota), che deve il suo nome a una chiesa rupestre con due ingressi, ornata da una serie di affreschi che è difficile visitare, già che il luogo sacro è divenuto un fienile e una stalla (davvero un peccato…). Ci si può consolare osservando le immagini degli affreschi riprodotte su un cartello informativo che si trova nel punto più alto del piccolo canyon artificiale, scoprendo così le tante, piccole figure di beati che hanno dato il nome alla chiesa rupestre e alla località. 



Lasciata alla spalle la chiesa ipogea, il tracciato della Scala Santa continua a scendere a mezza costa, in un paesaggio arido in cui il panorama poco alla volta si restringe con l’abbissarsi della quota, fino a raggiungere una strada sterrata. Seguendone le curve ci si inoltra nella valle alla nostra destra con un tornante, per poi scendere ancora e toccare, dopo un tratto sul versante sinistro della vallata, la strada (via Scannamogliera) che in breve conduce alle case della frazione Macchia (circa 160 m), ai margini della piana costellata di olivi secolari, allungata in direzione del mare. Sulla provinciale, proprio davanti all’incrocio dal quale siamo arrivati, ferma la corriera che ci permetterà di risalire a Monte Sant’Angelo – oppure, nella direzione opposta, di raggiungere Manfredonia – mentre sulla sinistra, a poca distanza, un bar offre la possibilità di una sosta e di uno spuntino.









 

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